venerdì 26 aprile 2013

Surfin' USA

Lo dicevano anche i Beach Boys:

If everybody had an ocean
Across the U.S.A.
Then everybody'd be surfin'
Like California


Si può andare alle Hawaii e non prendere almeno una lezione di surf?!
Certo che no!
Non avendo a disposizione amici surfisti, e non avendo addocchiato nemmeno un valido surfista da intortare in spiaggia per farmi insegnare, qualche giorno fa passeggiavo sul lungomare di Waikiki (dove si incontrano per lo più neosposini in viaggio di nozze e famiglie con bambini) e passando davanti ad un chiosco con scritto Surf Lessons mi sono detta: "Perchè no?!"
Senza pensarci troppo, ho lasciato a una simpatica signora (ammetto che per i primi 5 minuti ero convinta fosse un signore..) 40 dollari per una lezione di gruppo alle 2 del pomeriggio (alla fine ero l'unica, e così ho risparmiato 60 dollari e ho avuto una lezione privata) e nell'attesa mi sono concessa una super colazione da Starbucks, una nuotata e della buona musica sotto il sole (e poi all'ombra di una palma).

Prima di tutto, Don (il mio simpaticissimo - e ormai non più giovanissimo - surf teacher) mi ha insegnato a stare in piedi su una tavola grande almeno il doppio di me. Tempo 10 minuti ed eravamo già al largo ad aspettare le onde (uno special thanks a David per aver portato la mia pesantissima tavola in acqua).
"Today is a good day to surf!": il sole, l'acqua limpida e il vento infatti, a suo dire, mi hanno regalato una perfetta prima lezione, con delle great waves. Lucky me!


Non si può descrivere l'emozione che si prova la prima volta che si prende un'onda [e che non si cade!!!]. Dovevo avere chissà che espressione contenta e soddisfatta se due surfisti incrociati - e schivati, per puro caso - si sono messi a gioire con me!
Rimanere in piedi sulla tavola, il mare sotto di te, l'onda che ti spinge, Don che ti ricorda di non-guardare-giù-se-no-cadi, guardare giù (perché se qualcuno ti dice di non fare qualcosa finisci sempre per farla) e cadere, la tavola che sbatte pesantemente sul naso, rialzarsi e riprovarci, e riuscirci, avere ancora oggi - a distanza di giorni - diversi lividi e un taglio su un ginocchio per un incontro ravvicinato con una roccia, esultare alzando le braccia al cielo e gridando "yeah" ogni volta che non-ho-guardato-giù-e-non-sono-caduta. 


Ok, non posso sicuramente dire di avere imparato, ma ci ho provato: mi sono buttata, sono caduta, mi sono rialzata e ci ho provato ancora. Che è un po' quello che continuo a fare con la mia vita.

Finita la lezione, mi sono premiata con un enorme gelato in riva al mare, con un altro giro di shopping (come se mi servisse una scusa per comprarmi qualcosa) e con una cena da Egg's & Things, take away per non perdermi il tramonto (il primo alle Hawaii, visto che dalla parte dell'isola in cui sono io il sole sorge. E non ho ancora avuto le forze per svegliarmi all'alba). Per concludere in bellezza una giornata quasi perfetta, il cielo e le nuvole mi hanno regalato un bellissimo #sunset, mentre alle mie spalle, sul prato accanto alla spiaggia, iniziava uno spettacolo di hula.


Pensieri sparsi:
- non so se è la stagione o la nuvola personale che mi ha seguita dall'Italia in Costa Azzurra, e ora anche qui, ma ultimamente piove un po' troppo per i miei gusti
- quando non piove, il sole picchia parecchio: il bello è stato accorgermi di essermi ustionata naso e spalle nel camerino di un negozio, provandomi un vestito che poi non ho nemmeno comprato
- gli italiani sono davvero dappertutto, e anche i bolognesi. E io sono riuscita a farmi impezzare dall'unico altro bolognese nei paraggi durante il tramonto (tra l'altro, o era un ultra40enne o i suoi anni li portava malissimo; e considerando che struccata e con la faccia da mare io dimostro ancora meno anni di quelli che dimostro di solito - che sono comunque meno di quelli che ho - era anche un po' inquietante)
- negli ultimi giorni il cielo sopra Lanikai mi ha regalato un arcobaleno coloratissimo e una luminosissima luna piena
- mi è stato fatto notare che dovrei guardare a quest'esperienza come ad un lato positivo della crisi. In effetti, se avessi trovato un "lavoro vero" probabilmente non avrei mai fatto surf. E allora guardiamolo, questo lato positivo
- in posti come Starbucks, o dove comunque devono scrivere il tuo nome (ad esempio su un bicchiere) per individuare il tuo ordine, il mio nome getta tutti nel panico. L'ho visto scritto con la Z (Elizabetta) e con una sola T (Elisabeta). E c'è chi lo traduce direttamente, per comodità (e a me Elizabeth piace un sacco!)
- sulla spiaggia di Waikiki gira anche tantissima polizia, e ci sono tantissimi homeless
- esistono davvero ristoranti in cui ti fanno aspettare al bar con un cercapersone che vibra quando tocca a te
- se si pensa di prendere un autobus, è meglio ricordarsi di portarsi sempre dietro una felpa: gli autisti hawaiiani tendono ad esagerare con l'aria condizionata
- allo Starbucks di Waikiki (quello dove ho fatto colazione io, all'angolo tra Kapahulu Ave. e Kalakaua Ave.) si può trovare una delle opere del fotografo Clark Little: non vi dico nulla di più per non togliere la sorpresa a chi non lo conoscesse, ma ringrazio il mio amico Charles per la bella scoperta.

Aloha! 

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