sabato 20 luglio 2013

Di whatsapp e altri social (ovvero: l’amore ai tempi di facebook)

L'idea per questo post mi è venuta dopo aver visto questa immagine qualche giorno fa:
Da quasidisoccupata/gelataia squattrinata è meglio se evito di partecipare a un giochino come questo: rischierei di perdere e mi toccherebbe offrire la cena ai presenti.
Non so voi.. ma io sì, lo ammetto, sono una di quelle persone che usano tantotantotantissimo facebook, whatsapp e social vari&eventuali [in fin dei conti, sto cercando anche di farne un lavoro: se non mi piacessero i social network sarebbe decisamente controproducente].

Il primo cellulare per me fu una conquista: all’epoca lo avevano quasi tutti i miei amici, ma io no. Papà non voleva, pensava non mi servisse (e aveva obiettivamente ragione - ma non diteglielo) ma io ero esclusa dallo scambio di sms tra amici ed era una cosa che mi infastidiva non poco.
Dal primo cellulare al mio ultimo smartphone il passo non è stato poi così breve in realtà, ma un bel giorno anche io ho abbandonato il mio super resistentissimo e indistruttibile Nokia (sì, quello comprato più che altro perché aveva Snake!) per passare a qualcosa di più tecnologico, da vera social addicted.
E via di app: twitter, facebook, instagram, whatsapp, quella per modificare le immagini, qualche giochino stupido, gli astri di Paolo Fox, la meravigliosissima frusta...
(se non avete presente cosa intendo, guardate l'uso che ne fa Sheldon. E se non sapete chi è Sheldon, shame on you!)

Bello eh, adesso possiamo raggiungere tutti i nostri amici in ogni momento del giorno o della notte, e abbiamo solo l’imbarazzo della scelta: il caro e vecchio sms? Una faccina su whatsapp? Una cazzata condivisa su facebook? C’è poi chi sceglie l’innovativo linkedin (probabilmente ha qualcosa da nascondere e sa che lì non corre pericoli) e chi lo smartphone non sa nemmeno cos’è e si affida alle tradizionalissime telefonate (non estinguetevi, vi prego!)
[un discorso diverso va fatto per Skype, che nei miei 5 mesi di isolamento francoangloamericano mi ha salvato in diverse occasioni permettendomi di rimanere in contatto – e fare ovviamente l’idiota via webcam – con friends&family]

Da brava laureata in comunicazione, con mille esami di sociologia sulle spalle (e un sacco di tempo libero, evidentemente) mi sono ritrovata a riflettere sulla qualità delle conversazioni via facebook o whatsapp, che il più delle volte muoiono così come sono iniziate: senza saluti, con una delle persone coinvolte che a un certo punto sparisce negli abissi della virtualità senza sentire più l’esigenza di rispondere, e basta. Finita lì.
Il fenomeno opposto è caratterizzato invece da conversazioni che durano giorni e giorni, in un loop senza fine, ricominciate a più riprese e un po’ a caso ogni qualvolta una delle persone coinvolte si connette. 
O si annoia.

È tutto più facile, adesso. Possiamo nasconderci dietro uno smile (whatsapp poi ci regala millemila faccette, animali, macchine, cibi, cose varie da inviare) per fare i simpatici e far vedere a qualcuno quanto siamo divertenti e spigliati. Salvo poi regalare pessime e imbarazzanti figure “dal vivo” (eh già!).
È tutto più facile….
O forse no?!
Quante volte siete rimasti delusi sentendo il telefono suonare, sperando fosse qualcuno in particolare e scoprendo di essere decisamente fuori strada?
Parliamo poi della geniale scelta di Mr.Facebook di introdurre nei messaggi il “visualizzato alle”, che ci ha tolto la possibilità di leggere e non rispondere, fingere di non aver ricevuto il messaggio, prenderci il tempo di pensare benebenebene a cosa rispondere, senza passare per scortesi o antipatici o maleducati o stronzi.
Già, perché adesso ci si aspetta che la persona interpellata risponda subito.
E quante volte avete controllato su whatsapp l’orario dell’ultimo accesso di qualcuno di cui aspettate una risposta? Su, ammettetelo. Io mi assumo le mie responsabilità, e ho un bell’elenco di amici che sa di cosa sto parlando (tranquilli, non farò nomi. Voi tanto lo sapete di chi sto parlando!)
E così, via a paranoiche esternazioni del tipo “L’ha visto e non mi risponde. Ecco, lo sapevo! Perché non mi risponde? Perché non mi scrive?”. E in un universo fatto di inutili e insignificanti “mi piace”, cerchiamo di attribuire un valore o un senso a quello di qualcuno per cui noi vorremmo che significasse qualcosa [rassegniamoci, di solito non è così!]

Da questo punto di vista, whatsapp e facebook hanno ribaltato alcune delle regole basilari del corteggiamento, rendendo sicuramente molto più facile iniziare delle conversazioni eliminando la paura di rimanere in silenzio attaccati alla cornetta del telefono senza sapere cosa dire. Ma allo stesso tempo tolgono la possibilità di conoscere qualcuno con calma. Una "rapida occhiata" al profilo facebook di chi ci interessa ci permette di sapere (quasi) tutto subito: i posti frequentati, la musica ascoltata, lo stato sentimentale e anche quello di salute, le usanze alimentari, gli spostamenti. Che non equivale sicuramente a conoscere qualcuno, ma ci fa partire con un background di inferenze che non sempre (anzi, quasi mai) corrispondono alla realtà.

Per toglierci ogni dubbio sul “l’ha visto e non mi risponde o non l’ha visto?”, i gestori di whatsapp hanno ritenuto necessario creare una pagina FAQ per spiegare il significato dei simbolini di fianco ai messaggi che inviamo e per i quali restiamo in trepidante attesa di una risposta.
Mi ha fatto un po’ ridere vedere come ultima motivazione possibile fornita “Forse ti hanno bloccato”.
Eh, forse sì. Fatti delle domande!
In certi casi sarebbe anche una scelta comprensibile e condivisibile.

Sia chiaro, questo non è un post di critica: io per prima faccio un uso smodato dei social network. Sono solo considerazioni (basate su fatti realmente accaduti, e non solo a me) di una nostalgica, che unmeglionondefinitonumero di estati fa, in vacanza al mare, si metteva in fila sotto il sole davanti alla cabina telefonica armata di scheda da 10mila lire (le lire, c’erano ancora le lire -.- ) per sentire il fidanzatino dell’epoca, chiamandolo a casa col rischio che a rispondere non fosse lui ma il padre, la madre, la nonna o il gatto.
E che adesso, se sa che deve stare fuori tuttoooo il giorno, infila in borsa anche il caricabatterie del cellulare, perché “mettichemiserveperun’emergenzaedèscarico?”.


lunedì 1 luglio 2013

Non importa se vai avanti piano..

..l'importante è che non ti fermi!


Ho letto questa citazione (Confucio docet) qualche giorno fa e mi sembra che caschi proprio a pennello.
Un anno fa, più o meno in questi stessi giorni, prendevo in mano la prima cialdina e la riempivo di gelato a spatolate. Un lavoretto estivo grazie al quale mi sono divertita, ho conosciuto gente, ho messo su un paio di chili e fatto arrivare alle stelle i miei livelli di colesterolo. Quest'estate ripeto l'esperienza: cialde e coppette, gelato e granite, spatole, vaschette di pistacchio da ripulire in compagnia a fine serata, strani umarells con strane storiecheavreipreferitononsapere.
D'altronde, laurea o non laurea, non posso certo star qui e aspettare che qualcuno mi prenda per un lavorovero, e mentre attendo news dall'ennesimo "Le faremo sapere" vado a lavorare per gente che almeno umanamente mi ha sempre trattata come una persona.

La sensazione che ho avuto la prima sera, dietro al banco dei gelati, è stata.. strana, diciamo così. Mi sembrava quasi di aver lavorato lì fino alla settimana prima, non che fosse già passato un anno. Non so se per la stessa atmosfera di festa (e che festa.... una piccola piccolissima festa dell'unità, che poi senza gioco dei tappi che festa dell'unità è?!) o se perché lavoro di nuovo più o meno con le stesse persone. Ma non so bene come interpretarla, questa cosa: negli ultimi mesi sono andata letteralmente dall'altra parte del mondo, per poi tornare e ritrovarmi praticamente al punto di partenza.
Ok ok, ho visto e fatto tante di quelle cose da essermi guadagnata un background di esperienze niente male, è vero e non lo posso negare. Ma sta di fatto che -un anno dopo- sono messa sempre più o meno uguale a prima.

Comunque, riprendendo Confucio e le perledisaggezza... vado piano, giro in tondo, ma intanto vado. Sul "dove" stia andando preferisco non esprimermi.

Pensieri sparsi e considerazioni:
- credevo davvero che, in media, i brasiliani fossero più alti
- crollano i miei grandi progetti estivi: altro che viaggetti, mare e weekend da amici vari; i pochi soldi che riuscirò a mettere da parte quest'estate li spenderò per  comprarmi (se ci riesco) un mezzodilocomozione di terza o quarta mano e probabilmente per un pc nuovo, visto che nel mio portatile il monitor ha deciso di divorziare dalla plastica di supporto
- fortunatamente, l'orribile moda di quest'anno fatta di colori fluo e maglie informi, mi impedirà di sperperare i miei pochi averi. Meglio comunque limitare i giri in centro con i saldi...
- adesso che sono tornata in Italia, dovrei forse cambiare il nome al blog. Si accettano suggerimenti!
- "un gelato al giorno toglie il medico di torno". O forse no?
- mai, mai, MAI, dare il vero numero di telefono ai sorridentissimi addetti delle palestre Virgin: mi stanno chiamando più spesso loro con offertebazzachenonpotrairifiutare [e che puntualmente rifiuto] di quanto farebbe un fidanzato geloso con manie di controllo.