venerdì 1 novembre 2013

Fermo per manutenzione

Breve annuncio: ho cambiato nome al blog (di nuovo). In fin dei conti non sono più in Francia da un po', l'"anno nuovo – vita nuova” è quasi finito e quindi insomma, è anche ora.
Ho sempre avuto un rapporto difficile e conflittuale con il dover dare un titolo a qualcosa, dai temi scolastici agli articoli scritti nella mia breve carriera da giornalista d'assalto, figuriamoci dover racchiudere in pochi caratteri tutto il caos che c'è qua dentro.
Citazioni famose? Qualche parola di una delle mie canzoni preferite? Un insieme casuale di lettere e numeri? In italiano comprensibile ai più o in inglese perché è più figo?
E che fare se la grande idea è già stata utilizzata?

Considerando gli ultimi avvenimenti, i cambiamenti più o meno radicali, le scelte fatte, i fallimenti e i nuovi cambi di rotta, sento molto mia questa frase:
 [Già citata anche in questo post]

Positività apppalla insomma. It's the only way.
Ma ci sta: il mio grande piano di fuga dall'Italia (che prendeva forma più o meno un anno fa in questo periodo) non ha funzionato. Ora vediamo cosa hanno in serbo per me le altre 25 lettere.

Detto questo:
No, non il blog. Quello funziona benissimo, anche se non scrivo da un mese e mezzo. 
Io sono ferma per manutenzione. Dopo essermi frantumata un ginocchio cadendo con lo scooter appena comprato dopo un incontro ravvicinato con il bauletto di un altro motorino. Molto bene.
E così, poco più di un mese fa ho scoperto l'esistenza di un osso chiamato piatto tibiale, e di quanto sia frequente romperselo cadendo in moto o sciando.
Ah, e anche di quanto sia complicato rimettersi in piedi poi.

“Incidente col motorino ma sto bene, tranquilli! Al massimo una botta, non penso di essermi rotta nulla” - questo il messaggio mandato agli amici subito dopo.
Non penso di essermi rotta nulla. Devo decisamente rivedere le mie conoscenze ortopediche. Infatti la lastra non ha fatto che confermare lo sfigatissimo destino a cui stavo andando incontro: intervento e ricovero, 30 giorni di riposo con tutore rigido (solo per iniziare), stampelle, indefinitonumero di settimane senza poter fare praticamente nulla.
Mooolto bene.

Quale sia esattamente il piatto tibiale, o dove mi siano stati impiantati i componenti del mio bellissimo nuovo e portentoso ginocchio bionico, non è dato sapere. Sembra quasi che i medici custodiscano chissà quale segreto e non vogliono sbilanciarsi troppo in spiegazioni. Grazie, bravi! Così uno appena entra in possesso di un pc e di una connessione si butta su google alla ricerca di risposte.
Grosso errore.
In ospedale poi ho scoperto una varietà incredibile di casi umani: da quello che minacciava il suicidio se non l'avessero lasciato fumare alla vecchiotta new age con entrambe le gambe rotte che rifiutava i farmaci. Solo per fare qualche esempio.
Tornata a casa invece ho scoperto quanto diventino difficili anche le più piccole cose quando si è obbligati a spostarsi con le stampelle e una gamba rigida: spostare oggetti, vestirsi, sedersi sul gabinetto, fare la scale (soprattutto se la camera al primo piano), dormire in salotto (non potendo salire le scale) con un gatto affamato e miagolante dalle 6 del mattino e componenti vari della famiglia che si svegliano – o vanno a dormire – agli orari più assurdi, lavarsi i capelli o rendersi presentabili, uscire dovendo selezionare accuratamente il locale in base ad accessibilità, presenza di gradini e caratteristiche delle sedie, e – citando mio fratello – dovendo essere caricata in macchina “come un mobile Ikea”. E così via. Il fisioterapista in ospedale insegna i “passi base”, ad alzarsi dal letto, raggiungere il bagno e sedersi a tavola, ma tutto il resto è rallentato o complicato, e nemmeno Santo Google è troppo d'aiuto in questo caso: ci vorrebbero dei siti specializzati in “stampelle: istruzioni per l'uso” con video tutorial su come sopravvivere con sti trampoli.
E arriva, inevitabile, l'insofferenza. La noia. Il fastidio.
Peggio del dolore fisico (pressoché inesistente fortunatamente) c'è quello stato di irritazione e nervosismo causato dall'essere bloccati sul divano quando fuori c'è il sole (soprattutto quando, per la prima volta da anni, l'estate prosegue anche per tutto settembre regalando bellissime giornate calde). E dal dover dipendere sempre da qualcuno anche per la più piccola cosa. E dall'invecchiare precocemente ritrovandosi a far la maglia per passare il tempo.

L'unica soluzione possibile è rimanere positivi

e, soprattutto, smetterla di fare acquisti online. 
Amazon è il male assoluto e il corriere ormai è mio amico.

Ci tengo comunque a ringraziare anche qui tutte quelle persone che negli ultimi oltre 40 giorni hanno contribuito a rendere meno pesante la mia permanenza obbligata prima in ospedale e poi nel salotto di casa.
E in particolare per... le risate e il supporto nei momenti più difficili, la musica con cui addormentarmi, i cioccolatini, i fiori, le chiacchiere e i film, il gelato di straforo, le cene e la grande organizzazione per portarmi al cinema, i pomeriggi di sole in stile badante-nonna, il countdown, i soprannomi e la stampellata finale nel corridoio dell'ospedale accompagnata da Galeazzi e dalla colonna sonora di “Momenti di gloria”.


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