domenica 24 marzo 2013

Cit.

Tra vent'anni non sarete delusi delle cose che avete fatto
ma da quelle che non avete fatto. 
Allora levate l'ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. 
Esplorate. Sognate. Scoprite. 
- Mark Twain -

venerdì 22 marzo 2013

Pensieri sparsi

Sette giorni in Italia, due aerei, un treno, un imprecisato numero di autobus; un viaggio in macchina con un'amica, proprio come quando ci siamo conosciute; sei tra merende/gelati/caffè in compagnia ("Oh, il primo gelato dell'anno".."Ah no, è il secondo solo oggi"); riabbracciare la mia famiglia; tre pranzi fuori e un pranzo domenicale a casa, di quelli che arrivi alla fine e rimane giusto giusto lo spazio per il caffè (un altro, sì); taggarsi e commentarsi su facebook da una parte all'altra del tavolo; vedere San Luca e sentirsi a casa; pioggia, tantatroppapioggia; sei cene tra amici, di cui due internazionali cucinate da me con alcune delle ricette imparate qui, una a base di crescentine e una a base di pizza (visto che da quando son qui pizza e crescentine sono tra le cose che mi mancano di più); svariati dolci (ricordiamo "Ma in realtà ho lo stomaco chiuso"..stomaco che si è magicamente riaperto di fronte ad un'enorme fetta di torta); i portici di Bologna; il vintage (inteso sia come locale sia come rispolverare "Non ti passa più" degli 883); il concerto dei Modena City Ramblers; un incontro inaspettato; un pomeriggio tra zombie e aneddoti; qualche bella sorpresa; un libro nuovo che parla di cibo e musica, e considerando la settimana non c'è accoppiata migliore; mangiare come se non ci fosse un domani; almeno tre chili presi; sentirsi a casa anche se adesso lì ci vive qualcun'altro (perché "gli amici sono la famiglia che ti scegli"); capire che non importa da quanto tempo conosci qualcuno - che sia un anno o quindici - per volergli bene; sapere che se fossi arrivata a Milano e non a Venezia l'accoglienza (comprensiva di pappa e servizio taxi) sarebbe stata la stessa, perché "un amico lontano è a volte più vicino di uno a portata di mano"; immaginare scenari possibili per persone scomparse; ritrovarsi a fare gli stessi identici discorsi di fine dicembre; l'incoerenza come filosofia di vita; fare le ore piccole per più di due sere consecutive e non esserci assolutamente più abituata; qualche piccola delusione, aspettative da abbassare; parlare con qualcuno come se ci si conoscesse da una vita, quando sono solo pochi mesi; girare sempre con la macchina fotografica in borsa e ridursi a fare 5 foto, una più brutta dell'altra; chiedersi se sono ancora in grado di guidare con la frizione - e con le scarpe nuove; ridereridereridere tanto da avere le lacrime agli occhi; deliranti autoscatti con il rotolo dello scottex come treppiede precario; mille abbracci, ma non sono mai troppi; una colazione dove una torta porta il mio nome e sembra un annuncio erotico; la sensazione di non essere mai andata via; raccontare millemila volte le stesse storie; la stessa idiozia di tre mesi fa.

"Bisogna avere una casa per poter andare in giro per il mondo" 

martedì 12 marzo 2013

“Tanto vado in Francia”


[vi informo che sono in piena fase malinconiconostalgicaprecicloimminenteritornoacasa, e il post di oggi ne paga sicuramente le conseguenze]

Giorni fa (ormai settimane, in realtà), parlando con un’amica [manteniamo l’anonimato stavolta] in crisi su cosa direonondire-fareononfare mi sono ritrovata a dirle “Ma sì, vivi come se dovessi espatriare anche tu!”. Nessun pensiero (o quasi), nessuna preoccupazione per le conseguenze (più o meno). 
Istinto. 
O incoscienza. 
Chiamatelo come volete, ma credo davvero che sia l’unico modo per prendere più serenamente quello che ci capita e smetterla di farci problemi e viaggi mentali su cosa potrebbe succedere se…

[“..e l’Oscar per il film mentale dell’anno va a…”]

Da quando ho deciso di partire, la frase “Tanto vado in Francia”, più o meno sostituita adesso con “Tanto sono in Francia”, mi ha giustificata ogni volta che ho fatto qualcosa di stupido. E con qualcosadistupido non intendo rubare una macchina o saltare giù dalla terrazza di un albergo per finire direttamente in piscina (sto fenomeno si chiama balconing -.- cercatevi su youtube i video di questi pazzi). Intendo dire e fare esattamente quello che volevo e che sentivo più giusto per me, mettendo completamente da parte la razionalità. Il che non vuol dire che sia per forza qualcosadistupido, ma solo qualcosacheseciavessipensatoancoradipiùnonsosel'avreifatto.


È così che un soleggiato pomeriggio quasiinvernale la frase “Fanc*lo alle conseguenze, al domani ci pensiamo poi domani” è diventata improvvisamente uno stile di vita. Il fatto è che vivere le cose (e le persone) sapendo che poi me ne sarei andata per diversi mesi mi ha aiutata ad essere me stessa e a vivere esattamente quello che volevo.

Ora, non sto dicendo di lasciare il lavoro o di lanciarvi tra le braccia di qualcuno o di comprare un biglietto per una qualsiasi destinazione. Ma in fondo perché no? Se una di queste cose può aiutare anche solo un pochino a farci stare meglio e addormentarsi senza mille pensieri la notte… forse tanto vale farla.
Lo so che per me è più facile, io alla fine sono partita davvero e se fossi rimasta probabilmente le cose sarebbero andate diversamente, o forse no. 
Però così almeno posso dire: nessun rimpianto (grazie Max).

E in piena nostalgia anni 90, beccatevi questa:
883 - Nessun rimpianto

lunedì 4 marzo 2013

Gstaad, il paese dei ricchi

...lo dice anche Vanity Fair (grazie Fedex per la segnalazione!) con un articolo [qui] dedicato in particolare ad un hotel (non quello in cui sono stata io, ma ci andiamo vicino) situato in questa piccola città che la giornalista definisce "l'ultima enclave del lusso, dove i soldi corrono a fiumi ma sembrano non avere prezzo, dove una suite costa 20mila euro a notte (!!!), dove anche il tabaccaio è un negozio chic, dove nessuno scia e dove anche le mucche sono più felici".

Ora, parliamone: non ho avuto modo di constatare il livello di felicità delle mucche, ma sono sicura che non se la passano male. Però confermo: anche dal tabaccaio sembra di entrare in un negozio di lusso, e una pallina con la neve (il tipico souvenir che porto a mia mamma dopo ogni viaggio) può arrivare a costare anche 30 euro. Bè, a meno che al posto dei glitter e della neve finta non ci siano vere e proprie scaglie d'oro, mi sembra un po' folle.
Per quanto riguarda lo sciare... in effetti ripensandoci non ho visto chissà che fitto sulle piste (è anche vero che ho passato le mie ore sulla neve facendo da raccattabambini, cioè recuperandoli in fondo alla pista del campo scuola quando arrivavano in velocità senza sapere come fermarsi), ma durante la mia passeggiatina in paese ho notato un cospicuo numero di turisti, seduti a mangiare costosissime crèpes, provare maglioni di cashmire o ammirare con fare intellettualoide le vetrine delle gallerie d'arte.
Veniamo a me. Come avrete intuito sono stata a Gstaad, questa meravigliosa cittadina svizzera, dove per la prima volta nella mia vita ho capito cosa si prova a non avere preoccupazioni (principalmente di tipo economico, diciamocelo).
Io, che di solito per i miei viaggi cerco l'hotel su booking ordinando per prezzo "dal più basso", mi sono ritrovata a soggiornare in un fighissimo hotel a 5 stelle con spa e negozi di lusso direttamente dentro l'albergo, ho approfittato del servizio in camera (non sono una fan del sushi, ma quello mangiato lì era buonissimo!), mi sono coccolata con i prodotti da bagno (nonostante le possibili reazioni allergiche - maledetto nikel - come non lasciarsi tentare dal docciaschiuma Relax e dalla crema corpo Balance?!)
avvolgendomi poi in un morbidissimo accappatoio, che non ho portato a casa solo perché, come dice il saggio Ross a Chandler in una puntata di Friends: "You have to find a line between stealing and taking what the hotel owes you".

(Tornare a casa con la valigia piena di campioncini, set da cucito, spazzolino+dentifricio da viaggio, lima per le unghie, prodotti da bagno -tutte cose che ho e che non mi servono? Fatto!)

Per non parlare della colazione. La prima mattina mi sono contenuta solo perché queste persone mi conoscono da soli due mesi [sono già due mesi?!], ma poi ci ho dato dentro mangiando "come se non ci fosse un domani" (e ho avuto a disposizione diversi weekend con alcune amiche [Paoli, Fra, Siza, Cla e Ky] per allenarmi): mille diversi tipi di cereali, croissants, pain au chocolat, uova strapazzate+bacon, pancake (che poi in realtà era non era un pancake ma una torta, alta come almeno 5 pancakes sovrapposti), caffè, cioccolata... 
Con tutto quello che ho mangiato (includo nel discorso pranzi e cene di super lusso) mi stupisco di riuscire ad entrare ancora negli stessi jeans.

A proposito di cibo, non mi sono fatta mancare le nuove scoperte! Oltre al già citato sushi (e qui immagino si solleveranno cori di insulti visto che di solito alla domanda "mangiamo giapponese?" la mia risposta è un insindacabile no. Ci tengo a sottolineare comunque che ho mangiato solo quelli fatti di riso e pesce - sashimi?- e un paio di quelli tondi - maki? - tutto rigorosamente senza strane robe verdi all'interno), ho mangiato una cosa tipica svizzera buonissima: il r
östi.
(il rosti è quello a destra)

Nato per la colazione nel cantone di Berna (ancora grazie wikipedia), questo piatto (fatto in pratica solo di patate e burro) adesso è considerato piatto tipico in tutta la Svizzera ed è usatissimo come contorno (io infatti l'ho mangiato con della buonissima carne coi funghi).
[Qui la ricetta del Guardian: Come cucinare il rösti perfetto]

Comunque, giusto per fare un po' di invidia a chi ama la montagna, ecco qualche foto (tra un mesetto comincio con le foto delle Hawaii, quindi ce n'è anche per voi amanti di sole-mare-spiagge e #sunsets)
La vista dall'albergo

Il paesino che di sera si trasforma, anche a inizio marzo, in un piccolo villaggio di Natale

 Renna photobomber (vista dal ristorante di Saanen, dove abbiamo mangiato all'aperto e senza giacca, circondati dalla neve)
Passeggiando per Gstaad


Per concludere, un ringraziamento speciale va all'istruttore di sci che i bimbi hanno avuto il primo giorno (con un'insegnante così le lezioni le avrei prese volentieri anche io) e alla compagnia aerea Swiss, che nonostante la brevissima durata del volo Nizza-Ginevra (meno di un'ora) elargisce ai viaggiatori bevande calde, giochi per intrattenere i bambini e buonissimi cioccolatini.

"Questo" - si legge ancora nell'articolo di Vanity Fair dedicato a Gstaad - "è il luogo di incontro di un'elite internazionale che annovera principi e magnati, industriali e star". Peccato solo che la vita da nanny non favorisca troppo la mia vita sociale...