mercoledì 22 maggio 2013

Stile da red carpet

In Costa Azzurra c'è sempre il sole! Così mi avevano detto prima che partissi e così dicono tutti i siti e blog più o meno turistici. Sarà... evidentemente sono stata sfortunata io, visto che da quando sono qui non ha fatto altro che piovere! (D'altronde, ha piovuto anche quando sono tornata in Italia a marzo, ha piovuto quando ero alle Hawaii, ha fatto due gocce anche il primo giorno a Disneyland, ha diluviato per giorni quando siamo tornati a maggio... comincio a pensare che sia colpa mia)
Tra l'altro, con tutta sta pioggia qui si sono moltiplicate le zanzare, si sono organizzate in squadroni della morte e sono pronte ad attaccare appena fai il minimo tentativo di mettere il naso fuori dalla porta.

Comunque, approfittando di un timido sole apparso nei giorni scorsi ho iniziato a organizzare la mia giornata a Nizza: armata di guida, elenco di cose da vedere e mini tour "Nice in one day", ero prontissima a prendermi il meglio di questa città sfruttando le pochissime ore a mia disposizione. Ma non avevo fatto i conti con la congiuntura astrale, evidentemente contro il mio segno. Mi sono dimenticata di ascoltare Paolo Fox ieri. Lui che SA, chissà se avrebbe previsto anche la serie di sfighe a cui sono andata incontro.
[in compenso, in quello di oggi sottolinea che ho la luna opposta, ma che a differenza di ieri, oggi la giornata inizia con auspici migliori. Quindi lo sapeva davvero!]

Se mai verrete in Costa Azzurra (e senza un'auto con cui girare per i mille paesini della zona) sappiate che i bus costano pochissimo (con 1,50 € arrivi più o meno dappertutto) ma ne passano pochi. Pochi davvero. Mi spiego meglio: il servizio urbano all'interno delle varie città funziona alla grande, ma se dovete spostarvi (come me) da un micro paesino di provincia ad una delle città un po' più grandi organizzatevi bene o rischiate di aspettare ore alla fermata del bus.
Se superate questo primo ostacolo e arrivate alla gare routière di Grasse ad esempio, da cui partono poi i pullman per Nizza e Cannes, rischiate di trovare l'autostazione deserta, fatta eccezione per un mini bus e qualche disperato seduto per terra in attesa di autobus che, a quanto pare, non arriveranno mai. Un foglio A4 appeso a una porta di uno stabile in disuso (al momento stanno lavorando per spostare l'autostazione vicina alla stazione dei treni, che non è proprio una mossa stupida) dice qualcosa tipo "Lo sciopero di mercoledì 15 maggio potrebbe avere ripercussioni anche nei giorni seguenti" e sotto un elenco delle linee coinvolte per le quali non sono garantite corse (cioè tutte quelle che potevano fare un po' comodo a me, ovviamente).
Anyway... "ripercussioni anche nei giorni seguenti". Qua si parla di una settimana dopo.
Al primo che sentite lamentarsi dello sciopero dei bus in Italia (durante il quale sono comunque garantite la maggior parte delle corse) raccontate questa storia.

Magari vi starete chiedendo (o magari anche no) perché non ho preso il treno per arrivare a Nizza, decisamente più costoso ma sicuramente più comodo. Dicendo "decisamente più costoso" ho in parte risposto alla domanda [sono pur sempre una disoccupata squattrinata, e quando posso vado al risparmio]. Ma il problema principale in realtà è che le piogge di marzo hanno causato una frana che ha interrotto il collegamento ferroviario Grasse-Cannes [non esagero mica quando dico che piove sempre!]. Quindi, per arrivare a Nizza avrei dovuto prendere un bus dall'autostazione alla stazione, un pullman dalla stazione di Grasse a Cannes e un treno da Cannes a Nizza. Tempo di percorrenza: circa 3 ore. Comodo no?

Alla fine ho optato per un giretto nella più vicina Cannes, che ok.. non era comodissima da raggiungere lo stesso (bus+pullman all'andata, pullman+bus+bus al ritorno), ma col Festival in corso sai mai che incontro davvero qualche star e pongo fine ai miei problemi economici?
Intanto, devo ammettere che rispetto alla prima volta che ho visto Cannes (non mi era piaciuta granché) mi sono dovuta ricredere: oltre alle zone super super chic (lungomare e Rue d'Antibes in particolare) che pullulano di negozi inavvicinabili, ho gironzolato per Rue Meynadier, strada molto più turistica (se volete comprare i classici souvenir, andate lì) e alla portata, con bellissimi negozietti d'artigianato ce n'è uno con saponette e docciaschiuma a forma di bottiglie d'olio, pezzi di formaggio e macarons, bellissimo!) e prodotti locali.
Mi sono anche arrampicata su per la salita (a saperlo, avrei fatto acquisti dopo) che porta all'Eglise Notre-Dame d'Espérance e al quartiere più vecchio di Cannes, con bellissimi vicoli, scalinate e viste spettacolari della città dall'alto.



Ovviamente, nei giorni del Festival non poteva mancare un giro sulla Croisette. La prima cosa che si nota è l'assoluta mancanza di buon senso nell'abbigliamento della gente: ho visto cose...che a raccontarle non mi credereste! Ragazze addobbate e truccate in modo assurdo, che quando le vedi speri almeno che stiano per partecipare a un qualche servizio fotografico che giustifichi, almeno in parte, la scelta di conciarsi in quel modo (ma non sono sicura che fossero tutte modelle). E poi, dopo un po' che passeggi tra tutta sta gente fighettissima (chi mi conosce sa che io sono tutt'altro che stilosa), ti accorgi che per uniformarti anche tu ti stai un po' atteggiando, camminando con passo deciso, mento in alto, vento tra i capelli... Smettiamo subito!


Verso l'ora di pranzo mi sono fatta un giretto al porto: navi enormi e tirate a lucido, con lo zerbino per pulirsi i piedi prima di salirci e uno squadrone di camerieri e bodyguard all'opera. Mi sono fermata davanti a una bella nave viola, incuriosita più che altro dalla folla armata di macchine fotografiche e telecamere appostata lì davanti. Evidentemente, stavano aspettando una qualche celebrità, ma il bello è che nessuno sapeva chi. Nessuno. Tranne l'autista di un macchinone parcheggiato lì accanto, che tanto non poteva dirlo (e sembrava anche divertirsi un bel po'). Quindi poteva davvero esserci chiunque su quella nave. E mentre tutti stavano con gli occhi puntati alla nave, a osservare le mosse di bodyguard e assistenti vari [si sentivano frasi tipo "Guarda, stanno portando fuori una borsa!"] lei è arrivata in macchina dalla strada, fregando tutti. E con lei intendo Sharon Stone (che lì per lì, lo ammetto, non avevo nemmeno riconosciuto).
E io che speravo di incontrare Di Caprio... che me ne fo' di Sharon? Al massimo posso chiederle di insegnarmi ad accavallare le gambe in modo sexy, ma non so fino a che punto possa servirmi.


Anyway... manca una settimana al grande ritorno e ora si tratta di capire come infilare tutto in valigia. Tutto: guardaroba autunno/inverno/primavera/unpo'd'estate, i mille libri che mi sono portata dietro convinta di leggere chissà quanto, tutte quelle cose che ho preso da Bologna perchè nonsisamai e che, indovinate un po'?, non ho mai usato, gli acquisti, i regali, altri acquisti.
Mi rendo anche conto che quello delle valigie comincia a diventare un tema ricorrente nei mie post, come se non facessi altro che impacchettare la mia roba e portarla in giro.
Il che, pensandoci bene, non è poi così lontano dalla realtà.

[Ah, ecco la vignetta di Snoopy di cui parlavo qui]

giovedì 16 maggio 2013

Stay cool

C'è una frase [ora non ricordo se è una striscia con Snoopy, o una di quelle citazioni attribuite a personaggi più o meno reali che girano su facebook] che dice qualcosa tipo "se ti fai la stessa domanda alle 3 di notte o il mattino dopo, avrai due risposte diverse".
Penso che lo stesso valga se sei ubriaco (io sono astemia, ma sappiamo tutti che effetto può avere l'alcol sul potere decisionale delle persone). O se stai sorvolando da sola l'oceano con un lunghissimo volo intercontinentale, durante il quale hai tantissimo tempo per pensare, soprattutto se i tuoi compagni di viaggio ti rendono difficilissimo addormentarti per più di venti minuti consecutivi [a questo proposito, ci tengo a ringraziare in particolare la ragazza che doveva andare in bagno proprio quando io ero appena riuscita a chiudere gli occhi, e la signora dietro di me che ogni volta che doveva alzarsi per fare pipì - spesso, molto molto spesso - si aggrappava allo schienale del mio sedile scuotendolo come se fossimo in preda a chissà quale turbolenza].

Pensieri e domande, dicevo. Quel che è certo è che se la risposta che uno si dà è sempre la stessa, sia che siano le 3 del mattino o le 2 del pomeriggio, sia che si stia sorvolando una nuvola o che i piedi siano ben saldi a terra, allora in teoria quella è la risposta giusta.
La pancia, lo stomaco, lo sanno sempre con un certo anticipo quello che è giusto.
Ok, forse giusto non è la parola adatta. Diciamo "quello che vogliamo", ecco (che poi sia giusto o meno lo scopriremo solo vivendo).

Tra le decisioni che ho preso/sto prendendo in questo periodo, la più grossa al momento riguarda la scelta di interrompere questa esperienza au pair. Ci pensavo già da un po', e probabilmente stare dall'altra parte del mondo con un altro fuso orario, così lontana da tutto e tutti, ha amplificato e accelerato quello che già sentivo di voler fare.
Non mi dilungherò troppo sulle motivazioni [se vi interessano davvero, sapete dove trovarmi], che potrei riassumere principalmente con: differenze di vedute, stile di vita moltotroppo lontano dal mio, bambini amichevolmente soprannominati piccolidemoni, Emily Gilmore (chi conosce la serie tv capirà sicuramente cosa intendo), loneliness, fastidi vari ed eventuali.

Ai più potrà sembrare una scelta assurda o poco comprensibile. La cornice della Costa Azzurra, le Hawaii, una grande casa, una vita abbastanza facile... Ma appunto, si tratta di cornice. Viverci è tutta un'altra cosa, trust me!
Quindi, come canta il buon Bublé (questa ce l'ho in testa da giorni): I'm coming back home...
Entro la fine del mese pesterò nuovamente (forse provvisoriamente, chi può dirlo!) la terra italiana.
Tra le prime cose che farò: abbracci, tanti tanti abbracci.
E poi devo andare a cambiare la pila al mio orologio,che ha deciso di fermarsi ieri alle 6 del mattino [e lo so che non vi interessa, ma se lo scrivo qui magari mi ricordo di farlo]. E voglio girare per Bologna, mi manca. Voglio dormire fino a tardi e passare una giornata intera in pigiama; e mangiare la Nutella direttamente dal barattolo. E non preoccuparmi se mi scappa qualche parolaccia [non che io sia una persona volgare, ma ogni tanto ci sta, di dirne qualcuna].
Alla fine mi accontento poi di piccole cose, no?

Nel frattempo cerco di prendere il meglio dagli ultimi giorni qua, ad esempio andando a Nizza: è assurdo che in 5 mesi - 4 considerando quello negli States - non ci sia ancora stata, se non per brevi passaggi all'aeroporto.
"Perché non vai a Cannes?" - mi è stato chiesto - "C'è anche il Festival in questi giorni! Magari incontri Di Caprio"
Magari. Già mi ci vedo a prenderlo allegramente sottobraccio, invitarlo a bere un caffè e convincerlo con tutto il mio charme a mollare la supermodella di turno con cui sta, sposare me e porre così fine ai miei problemi!


domenica 12 maggio 2013

A whole new world

E così, dopo un mese alle Hawaii mi sono fatta anche tre giorni a Disneyland Los Angeles!
Inizio dicendo: che F I G A T A!
Oltre ad essere catapultati nelle storie Disney, alloggiare in uno degli hotel del resort permette di staccarsi completamente dalla realtà. Ci si sente davvero circondati da una considerevole dose di allegria: stelle dappertutto, canzoni in filodiffusione che ti entrano in testa irrimediabilmente (la peggiore da questo punto di vista è It's A Small World. L'ho sentita la prima volta sei anni fa a Disneyland Paris ed è impossibile dimenticarla. Cliccate qui, se volete farvi un'idea). E ancora: mille negozi in cui perdersi (e in cui perdere tutti i soldi: fortunatamente avevo esaurito lo spazio in valigia e mi sono imposta di non comprare altri Stitch, considerando quanti ne ho a casa), ristoranti a tema per ogni gusto (cenare al Rainforest Cafè, circondati da gorilla, elefanti e libellule giganti, fa un certo effetto), deliziose bakery e bancarelle di ogni genere.

Non bastano tre giorni per vedere tutto (le file per certe attrazioni sono davvero troppo lunghe), ma rispetto al tour de force a cui costrinsi il mio ex ragazzo all'epoca (avevamo anche trovato un biglietto bazza per visitare tutti e due i parchi francesi in un solo giorno. Ed era la settimana di ferragosto) questa volta è stata una passeggiata!

La cosa più bella di Disneyland è la velocità con cui si passa da un mondo all'altro, dalle principesse a Darth Vader, dalle montagne russe alla giostra coi cavalli. Ed è così che ho iniziato aiutando Buzz Lightyear sparando raggi laser a destra e a manca, per poi ritrovarmi in una navicella guidata da C-3PO, e poco dopo a bordo di un sottomarino giallo in compagnia di Nemo e Dori ["zitto e nuota, nuota e nuota"], ho incontrato Jack Sparrow, pranzato con cibo messicano a New Orleans, mi sono arrampicata sugli alberi di Tarzan con la mia nuovissima tiara da principessa in testa... ed è stato impossibile non pensare ad Amy.


Ho vinto una gara sulla macchina di Cars (dopo essermi imbattuta in un guasto tecnico che ha stoppato l'attrazione per un'ora con noi in fila), ho rivissuto per tre volte la storia di Ariel, cantando "in fondo al maaar, in fondo al maaaar" mentre tutti gli altri cantavano deep in the sea, e ho riso da sola pensando alle aggiunte fatte da me e miglioreamica/roomie/colonna portante [dai, cacchio! Baciala!], ho fatto il giro della morte sulle montagne russe e poi ho pranzato con un simil-ragù bolognese e "volato" sopra la California, ho cercato la porta di Boo insieme a Mike e Sully (che ho intravisto, morbidosissimo), ho letto un libro nella biblioteca della Bestia e cantato per Ursula (che fortunatamente non ha voluto le nostre voci...posso capirla!). 
E poi ho cantato per tre giorni interi "A whole new world" (una delle poche che so anche in inglese)



ho preso un caffè (chiamiamolo così) in un bar a tema Mary Poppins, ho visitato la casa di Mickey Mouse (che continua a starmi parecchio antipatico) e assistito a un incredibile spettacolo di acqua, musica e colori.. e anche se non ho visto Stitch e non ho fatto in tempo ad abbracciare Sully, ho affrontato la Tower of Terror, accuratamente evitata a Parigi (ma se può farcela un bambino di 4 anni, posso farcela anche io!) e ho visto tre ragazzi aggiudicarsi i posti su una delle giostre giocando a Rock Paper Scissors Lizard Spock. Mitici!

Adesso non mi resta che riprendermi dal jet lag (il passaggio Hawaii-Los Angeles-Londra-Nizza mi ha destabilizzata non poco) e affrontare i prossimi giorni [seguirà post] con un bagaglio di ricordi incredibili e con la consapevolezza che (grazie Cla e C.S. Lewis) "There are far, far better things ahead than any we leave behind".

domenica 5 maggio 2013

Altro che Tom Cruise!

Scommetto che dal titolo adesso vi aspettate un post dedicato a qualche baldo giovane surfista locale più bello di Tom Cruise (che a me, tra l'altro, nemmeno piace!). E invece no, nessuna news rilevante da quel punto di vista (continuano ad approcciarmi solo ultra40enni).

Stasera (stamattina/oggi pomeriggio... col fuso non ho idea di che momento della giornata sia per voi che leggete) voglio parlarvi della mission impossible che mi trovo a dover affrontare in queste ore: RI-fare la valigia, dopo quattro settimane di Hawaii e shopping *comesenoncifosseundomani*
Nello specifico, in una valigia già abbastanza piena all'andata [come al solito ho usato sì e no un terzo delle cose inutili che mi ero portata, come ad esempio tutte quelle maglie questalaportoperchènonsisamai e un paio di scarpe in più perchèmettichepioveelemiesibagnano] ora devo far entrare il contenuto di questa shopper
(sì, ci vedete bene, è grande quasi quanto la metà del trolley)
e anche tre vestiti e due maglie. E non dimentichiamo la giacca di pelle (ok, non è enorme, ma..) che avevo all'andata (quando sono partita in Francia il tempo era decisamente inclemente) ma che non posso nemmeno immaginare di mettere lunedì viste le temperature considerevolmente più elevate qui e a Los Angeles (dove ci fermeremo qualche giorno prima di tornare definitivamente in Europa).

Riflettendo sulla partita a tetris che sto per iniziare, mi sono trovata a canticchiare nella mia testa la musichetta di Mission Impossible

e so che adesso la starete canticchiando anche voi, immaginandomi mentre mi presenterò all'aeroporto di Honolulu con addosso tre maglie, la giacca (lo so che in valigia non ci starà MAI), una valigia più pesante di me, il bagaglio a mano e una borsa con dentro tutto il possibile pensabile. Leggera, soprattutto.

Del resto, non sono nuova a scene del genere.
Come non ricordare la memorabile notte all'aeroporto Stansted di Londra, con la sottoscritta e le sue amiche Fra e Siza accampate in un angolo e impegnate nel disperato tentativo di non sforare col peso del bagaglio Ryanair (rischio corso quando alle 5 ha aperto Claire's e le nostre tre eroine, non soddisfatte della tre giorni di shopping londinese, si sono trovate a comprare ANCORA)! Bello poi presentarsi al check in con un'enorme felpa addosso e un'altra (quella che non ci stava nè nello zaino nè in valigia) legata in vita.
Metti che poi ci viene freddo sull'aereo?!

Ma anche la mia partenza a gennaio per la Francia non è stata da meno! In questo caso, un ringraziamento speciale va alla mia *best friend/roomie/colonna portante* per avermi prestato lo zaino più grande che io abbia mai visto (di quelli che se ti ribalti non ti rialzi più) e soprattutto per avermi aiutata a far entrare tutto questo:
qui:

Tra l'altro, ho ripescato queste due foto dalla mia pagina facebook e vorrei citare un paio di commenti che mi sono stati fatti in quell'occasione: "Per esperienza taglia sulle tshirt. Si finisce sempre per comprarne mille", seguito da un "Concordo, metti che poi ne compri qualcuna...".
"Qualcuna"
...ehm...

Se conoscete qualcuno che noleggia furgoni a buon prezzo fatemelo sapere, quando tornerò in Italia potrei averne bisogno!

venerdì 3 maggio 2013

Con un fiore in testa a festeggiare

"May Day is Lei Day in Hawaii"

Ho scoperto che il primo maggio qui alle Hawaii è "Lei Day", un evento annuale con cui si celebra uno dei simboli hawaiiani: il tradizionale Lei, la ghirlanda di fiori.
Fiori dappertutto, quindi. O almeno così mi aspettavo, immaginando coloratissime bancarelle ovunque... E invece ho scoperto che a Waikiki la festa era concentrata nel Queen Kapiolani Regional Park (un parco immenso, comunque), con un bel mercatino di artigianato locale (c'era davvero di tutto e per tutte le tasche, da gioielli elaboratissimi, costosissime ghirlande di fiori e vari oggetti in legno intagliato a mano, a pacchianissime mollette con fiori di plastica, magliette... e tanto, tantissimo cibo) e uno spettacolo dedicato alla Lei Queen 2013, con musica, fiori, esibizioni e hula dancers.





Girovagando in internet, ho letto che l'idea di istituire il Lei Day è stata partorita da un certo Don Blanding, poeta che all'epoca (correva l'anno 1927) scriveva per l'Honolulu Star Bulletin e che in un articolo deve aver buttato lì una frase del tipo "Ma perchè non ne facciamo una festa nazionale?". Al suo collega Grace Tower Warren è poi venuta in mente la frase "May Day is Lei Day", usata ancora oggi in tutti i siti e in tutti gli articoli dedicati a questa giornata [e io non potevo sicuramente essere da meno!]

D'obbligo quindi approfittare di questa giornata per agghindarsi con fiori e ghirlande (io mi sono accontentata di un fiore tra i capelli), assistere a qualche esibizione e pranzare nel parco all'ombra di un albero con un panino pieno di Kalua Pork (o con qualche altra specialità locale, un'area del parco era piena di stand di cibo profumatissimo - e non). Ho anche visto gente pranzare con un enorme Shave Ice (una granita, in pratica). Ma enorme, davvero! Quella tipica hawaiiana è color arcobaleno

 ..e a quanto pare piace anche a Obama

Tornando a fare le persone serie (solo per un attimo), mi sono un po' informata e ho scoperto che  regalare un lei ha un significato speciale: vale sia come saluto [tutti si aspettano di essere accolti all'aeroporto con una collana di fiori come segno di benvenuto], ma anche come segno dell'amore e del tempo dedicato alla creazione della ghirlanda (alcune sono davvero complicate) e quindi alla persona che la riceve. Regalare un (o una?) lei può significare amore, amicizia, affetto, auguri (di vario tipo: vengono infatti usate ad esempio per lauree, matrimoni, funerali e nascite), ma in ogni caso queste ghirlande di fiori sono messaggi di pace.
Peace & Love!
Tra l'altro, leggevo da qualche parte che per tradizione chi ne riceve una non dovrebbe togliersela finché chi gliel'ha regalata è nei paraggi (siete avvisati!).

Approfitto di questo post *semiserioculturale* per parlarvi anche del significato dell'Aloha.
Molto più di un semplice ciao, significa infatti affetto, amore, pace, compassione e misericordia.
Mi fido di quello che ho trovato online (mi sono letta un sacco di siti, spero di non dire qualche ca**ata adesso) per dirvi che il significato profondo di Aloha nel linguaggio hawaiiano è "la gioia di condividere (alo) l'energia vitale (ha)": vivere gioiosamente insieme, quindi, condividere la gioia di vivere, e ancora "Amare è essere felici insieme".

Toda joia, toda beleza!

Lo spirito Aloha (da queste parti si può trovare la scritta Live Aloha più o meno ovunque) si riferisce quindi sia all'ospitalità per cui sono famosi gli hawaiiani (le persone qui sono davvero gentilissime, disponibili e sorridenti), sia ad un modo di vivere e trattare gli altri (e prima ancora se stessi) con amore e rispetto.

Cito Pilahi Paki, leader spirituale hawaiiana e attivista per i diritti, che disse: "lo Spirito di Aloha è il coordinamento della mente e del cuore ed è dentro l'individuo - è qualcosa che ti guida fino a se stesso, è necessario pensare e dirigersi verso il bene per gli altri. Mi permetto di offrire una traduzione della parola Aloha: A ste per Akahai, gentilezza, esprime tenerezza; L sta per Lokahi, unità, esprime armonia; O sta per Olu'olu, che significa gradevole, esprime piacevolezza; H è l'acronimo di Ha'aha'a, ed esprime modestia, umiltà; A sta per Ahonui, ed esprime pazienza, perseveranza"

[di più sull'Aloha qui]

Tante belle parole insomma, per esprimere quello che si percepisce davvero quando si gira per le strade hawaiiane: tranquillità, persone gentili e (almeno all'apparenza) felici, ospitalità, kindness: in qualsiasi negozio in cui mi sia capitato di entrare in queste settimane [e credetemi, se vedeste quanta roba ho comprato capireste che i negozi in questione sono TANTI] l'accoglienza è sempre stata calorosa, ma mai invadente. A differenza dell'Italia, dove commesse e commessi il più delle volte ti guardano in cagnesco chiedendoti se hai bisogno di qualcosa, qui si viene accolti con un sorriso e un "How are you today?", seguito da un interesse (che sembra) sincero. Tante volte mi sono trovata a raccontare a perfetti estranei da dove vengo e come mai sono approdata su quest'isola, cos'ho visto e cosa potrei ancora vedere.

Non solo oceano, fiori e surf! Ricorderò le Hawaii per i sorrisi delle persone, per quelli che si sono offerti di aiutarmi e per tutti gli aloha ricevuti in queste settimane. E poi, come posso non amare un posto in cui l'arcobaleno è parte integrante delle targhe delle auto?!

Aloha! :)